PERSONE E SUONI
composizione per violoncello, organo e voce recitante
TESTO N. 1
Il modello della relazione si struttura sulla base di due soggetti, uno di fronte all’altro, che possono essere in un contesto, o costituire essi stessi un contesto autonomo.
Uno prende il ruolo di dare il tono della situazione, l’altro, in opposizione e attrazione, e tutto ciò che può essere tra queste due condizioni, prende il ruolo di colui che domina la situazione, essendone la contraddizione interna,
ma anche il termine con o contro cui il primo soggetto può definirsi.
La condizione della relazione tra questi due soggetti in azione è simbolica.
Si tratta del dialogo,
del dialogo archetipico,
della strutturazione del logos che si suddivide in due soggetti
e che in tale suddivisione trova la sua verità, terza, che è tensione e ricerca.
Ben lo sapeva Socrate,
e Platone,
che nei suoi Dialoghi ci restituisce la tensione di ricerca filosofica di Socrate
nel suo dialogare maieutico ad aiutare la nascita della verità.
Che non completa mai la sua nascita.
La musica può essere estremamente sintetica, e riassumere tutto in due suoni,
uno di fronte all’altro,
due poli.
La musica, con il minimo, può esprimere l’essenziale.
Della vita.
Il problema è che normalmente nessuno lo avverte,
neanche i musicisti che esprimono quell’essenziale suonando i loro strumenti,
ma perdendosi nella realtà della produzione dei suoni e nelle sue regole,
e parimenti chi ascolta non lo avverte:
vuole sentire qualcosa che gli piaccia.
La musica, per questi motivi, non regge tanto a tale sintesi e al suo peso specifico esorbitante.
Come nella vita delle persone, ha bisogno di alleggerirsi,
di cercare diversivi, mutazioni, altri orizzonti.
Ha bisogno di giocare.
Come dei ragazzi su una spiaggia assolata d’estate:
sono pieni di vita, non possono certo accontentarsi di contemplare il mare e il sole e la sabbia:
no, devono viverli, conquistarli, immergervisi, respirarli, sudarli…
devono giocare!
E basta un pallone, un’occasione di un mezzo banale che concentri l’attenzione,
per trasformare l’archetipo dialogico di ricerca… in gioco.
Che il gioco parta! Un bel calcio poderoso di inizio per accendere la partita!
Quei giocatori non si conoscevano prima, e resteranno sconosciuti tra loro dopo, ma giocheranno senza esclusione di colpi, per stabilire chi prevale dando il proprio nome al gioco stesso, e chi cercherà di strapparne il dominio.
Giocheranno anche con quel gruppetto che con ostinazione vuole provare a stabilire regole paritarie, tutti uguali, siamo in 12 e nessuno vale più degli altri 11! Vengono lasciati a costruire il loro movimento ostinato, mentre la forza archetipica del dialogo resta salda nella sua determinazione, per quanto sgangherata.
Che parta il primo calcio! Lontano! Lontanissimo!
TESTO N. 2
Alla fine resta il caldo immobile della spiaggia assolata.
Il gioco ha esaurito le sue dinamiche, almeno per il momento, e lascia i due soggetti esausti,
quasi muti.
Hanno giocato insieme con energia, non si conoscevano prima e non si conoscono adesso,
ma hanno condiviso l’essenza della relazione, l’hanno vissuta, l’hanno costruita,
e ora sono lì, vicini, stanchi,
che respirano.
Puro respiro, profondo, regolare, che scende nel corpo di ciascuno e ne risale.
Anche il respiro è dialogico: inspira, espira.
Anche il battito del cuore è dialogico: sistole, diastole.
L’essenza di due suoni
con cui la musica sa esprimere la struttura profonda del pulsare della vita
e della relazione con cui si identifica la vita stessa
ne è archetipo.
TESTO N. 3
La bipolarizzazione dialogica è in primis interna al singolo,
ha un suo ritmo a due fuochi nella stessa individuazione del soggetto.
La spinta sempre incompiuta alla nascita è il principio divisibile dell’individuo,
della sua stessa esistenza come soggetto.
Quando due siffatti individui respirano insieme
può capitare che si incontrino con coincidenza di fasi, con facilità e fondersi,
ma possono anche mantenere la propria individualità,
seguire il proprio dialogo interno mantenendo fasi indipendenti da quelle altrui.
Si può percepire tutto questo come un urto.
La mancanza di coincidenza genera una sgradevolezza, una scomodità.
Come se Socrate si fosse mai posto il problema di rendere gradevole la ricerca della verità
e la sua estrazione alla nascita mai compiuta.
La maieutica, all’interno dell’individuo che cerca di diventare soggetto, e tra i soggetti,
non è mai gradevole, né comoda.
La gradevolezza, nella musica come nella vita, ha sempre preso troppo spazio,
e ha inquinato la ricerca, ha intaccato gli archetipi.
Nel respiro, profondo, di due entità soggettive che restano indipendenti ed estranee,
Oltre lo schema oscurante del gradevole,
l’incontro può trovare una nuova definizione,
per arrivare a modificare lo scontro,
dopo il gioco senza remissione di colpi, franco, vero,
in un puro esserci uno di fronte all’altro,
restando quel che si è,
e diventando,
nel respiro,
inspira,
espira,
sistole,
diastole,
una nuova sintonia
oltre la pretesa di assumere e dare identità
e di opporvisi dominandola
semplice esserci
uno di fronte all’altro
insieme
pari
nel respiro che scende nel profondo del corpo
e che ne risale oltre i limiti del proprio capo
su
in alto
distinti
diversi
insieme
luminosi