Sono molto efficace nello spiegare, so accompagnare un pubblico che ascolta in percorsi su contenuti poco frequentati, so essere chiaro senza banalizzare, so essere sintetico senza prosciugare, so essere immaginativo senza deragliare.
Bene: posso farlo senza problemi.
Ma non mi interessa più.
Il piacere narcisistico di farlo non mi interessa più. I complimenti che ne vengono sono piacevoli ma superflui, non nutrono la mia parte migliore.
Ora è tempo di riflessione ed elaborazione di un nuovo, che in realtà ha già avuto degli abbozzi in questi anni, ma che ora non puó aspettare più: deve consolidare delle radici affidabili e svilupparsi in un progetto.
Ci devo mettere del coraggio in più, per uscire dalla comodità e proseguire il mio percorso senza tradirmi.
Pubblico molto attento per tutto il tempo, e numeroso, dato il tipo di appuntamento.
Lunghi applausi alla fine.
Qualcuno è venuto a stringermi la mano e a ringraziarmi. “Grazie per le sue parole”.
La verità è che prima di iniziare ero in panico, e avevo perso il senso di andare a iniziare. Poi ho passeggiato respirando profondamente per l’auditorium-ex chiesa, e ho fatto appello al senso del dovere verso il pubblico convenuto e i cari amici che mi hanno invitato. Sapevo di avere un po’ di “mestiere”, e me ne sono fidato.
Per tutto il tempo sono stato totalmente scoperto: la sola uscita accettabile era la sincerità assoluta.
Ho letto molto di Isherwood e qualcosa di mio. Ho suonato. Ho suonato con Jorge. Jorge ha suonato prima da solo, e poi mi ha posto temi essenziali. Lui non pone mai altro che temi essenziali. Anche dopo, a casa. E mi ha aiutato.
Ultimo appuntamento in pubblico del mio 2024. Quest’anno ne ho avuti tanti, tutti piccole cose in realtà, ma molto impegnative per me. Le vicende di questi ultimi mesi, da agosto ad ora, sono state per me complesse, e mi hanno prosciugato.
Non ho gioito dell’evidente buon risultato di ieri. Ho dei miei interrogativi che hanno bisogno di tempo e pace per esser risolti.
La cara Irene mi ha fatto delle foto magnifiche. La mia vanità è stata coccolata.
Ho dei cari amici in Jorge e Ivana.
Di questo gioisco.
Per il resto, ci vuol tempo.
Torno a casa, e dalla mia finestra vedo questo. Sono fortunato. Per i cari amici. Per la bellezza di cui mi occupo. Per B. Per la mia comoda casa con un bel tramonto.
Ieri un pensiero lucido si è imposto con evidenza: quando succedono cose negative inaspettate in momenti incongrui, e non si riesce a capire chi sia il motore e perchè, e perchè proprio in quel momento… poi arrivano gli effetti, e chi in quegli accadimenti ne ha avuto un vantaggio. Il mondo va così.
Una cosa impopolare: la vera educazione sentimentale si fa prima di tutto con la letteratura, e parlando dei contenuti della letteratura, non solo delle arti retoriche. Poi si fa anche con la letteratura. Infine si fa con la letteratura. A partire da quella classica: meno é attuale meglio é. Bisogna reimparare a pensare in grande e sullo sfondo della Storia. Siamo grandi. Siamo profondi. Abbiamo un peso specifico. Se impariamo questo, non possiamo essere troppo gretti, meschini, manipolatori, violenti. Alla miseria della violenza si deve opporre un orizzonte spalancato e infinito.
Finalmente ho visto Parthenope capisco perfettamente perchè sia piaciuto tanto poco infatti per me è bellissimo il monologo finale di Parthenope-Sandrelli sono io forse sono napoletano e non lo sapevo
agosto-novembre2024 li ricorderó una svolta inattesa anche se, in fondo, annunciata con certi “mai piú” ben fondati arrivati ad evidenza e certi “cosí é” a cui chi mi accosta dovrá adeguarsi.
Sono i giorni del FLA: 3 partecipazioni, 2021, 2018, 2017, tutte molto diverse tra loro, tutte importanti. 2021: il battesimo di WALDEMAR 2018: giornata complessa e articolata a commemorazione della GRANDE GUERRA 2017: lettura siloniana Grazie FLA FESTIVAL DI LIBRI E ALTRE COSE! Magari torneró!
Questo programma mi corrisponde in modo sostanziale
Ha radici nella mia lontana decisione, da sedicenne, di fare del pianoforte la mia scelta di professione
Non me ne ero accorto finché non mi é cresciuto tra le mani
Debuttato il 9 luglio a Udine in Conservatorio su un meraviglioso Bösendorfer del 1955, passato da Colonia per un altro altrettanto magnifico Bösendorfer, arriva adesso ad una terza esecuzione nella casa di Liszt a Bologna, con il notevole supporto delle due pagine lisztiane poste come parentesi per omaggio alla sede che mi ospita, e che credo che poi resteranno nelle prossime occasioni
Perché prossime occasioni ci saranno, e non poche
Ho giá in mente poi un ponte con l’altro grande viennese, Schubert, e con quello che per me é l’immagine di Schubert se avesse potuto invecchiare e capirsi, cioé Brahms… chissá, forse un progetto piú grande…
mentre ancora aspetta la sua maturazione in post-produzione quello che finora é il progetto piú grande e intenso della mia vita di musicista e di uomo che vive in amicizia. Un progetto eccedente tutto il resto, come eccedente é l’amicizia di cui é espressione
“perché io ho scritto sempre e solo di amicizia” (Ignazio Silone: il migliore degli Abruzzi possibili)
Fondazione Istituto Liszt – Bologna Klavierabend domenica 10 novembre 2024 Alessandro Tenaglia
VIENNA: LA FINE DI UN MONDO
“A che serve che io abbia fatto luce su tutti i piani? A che mi serve, tutta la mia conoscenza, la mia comprensione? A nulla… Meno che nulla. Ah! Come vorrei che tutto quel che è successo in queste ultime settimane non fosse altro che un brutto sogno. Le giuro, Georg, darei il mio avvenire, e Dio sa quante altre cose, per far sì che non fosse accaduto nulla: E se fosse così… probabilmente sarei infelice, come lo sono ora.” Il suo viso si alterò, come se fosse sul punto di urlare. Ma subito dopo si ricompose, rigido, pallido, come spento. (Arthur Schnitzler, “Verso la libertà”)
Introduzione: Omaggio a Franz Liszt Da Années de pèlegrinage, troisieme année: Marche funèbre (in memoria di Massimiliano, Imperatore del Messico, fratello di Francesco Giuseppe)
6 kleine Klavierstücke op. 19 (1911) (per la morte di Gustav Mahler)
Erich Wolfgang Korngold (1897-1957)
Sonata op. 2 : Scherzo-trio (1910)
Alban Berg (1885-1935)
Sonata op. 1 (1907-11)
Epilogo: Franz Liszt Nuages grises S. 199
75 minuti di musica senza interruzioni per una saletta strapiena di 50 persone attentissime, gli organizzatori non si aspettavano tanto pubblico, e infine, nonostante gli spazi ulteriormente ristretti da dall’aggiunta di sedie, calorose e grate.
Un pianoforte storico generoso per chi sa rispettarlo, e dal timbro dolcissimo, ma con profondità sorprendenti.
La musica vive nei concerti L’attenzione del pubblico mi ha permesso di fare cose che non sapevo di voler fare.
Dopo il 9 luglio 2024 presso il Conservatorio “Jacopo Tomadini” di Udine, dove questo programma é stato accolto con grande calore, ha poi suscitato grande interesse a Colonia il 27 ottobre, apprezzatissimo per presentare Compositori e composizioni che non si sentono mai, con un pubblico attento e partecipe.
Il viaggio prosegue il 10 novembre a Bologna alla Fondazione Istituto Franz Liszt: per l’occasione, due pagine lisztiane con forti affinitá chiuderanno tra le loro parentesi questo itinerario viennese cosí denso e sorprendente.
E per il 2025? si continuerá ancora! É un progetto di lunga durata! Ho giá in mente qualche metamorfosi, aggiungendo qualcosa, togliendo qualcosaltro…
Udine, Colonia, Bologna: un bellissimo inizio! sarebbe bello chiudere un lungo viaggio con tante altre tappe… a Vienna!
É un luogo comune: la musica è un’architettura di suoni, le linee di una composizione sono come le linee che costruiscono colonne e arcate delle cattedrali.
Cosa fa l’architettura di una cattedrale? Da fuori, impone la cattedrale nel paesaggio e la rende punto di riferimento di quel paesaggio. Per i viandanti, soprattutto nei secoli antichi, era come un faro a indicare un approdo al navigatore in mare.
Da dentro, costruisce la luce e lo spazio per direttrici tridimensionali, in senso orizzontale, in senso verticale, in profondità, e in questa costruzione permette al visitatore o pellegrino di entrare in contatto immediato con la propria stessa tridimensionalità di percezione fisica e di configurazione emotiva, o spirituale, che diventa la quarta dimensione dell’esserci.
Ascoltare la musica in cd per me è momento di mancanza, e quindi lo faccio a scopo strumentale: per studio, o per sottofondo mentre faccio altro. A me serve andare in un luogo in cui la musica avviene nel momento. Mi serve mettermi in movimento ed entrare nella cattedrale dei suoni in cui i suoni sono nell’aria dal vivo. Allora mi coinvolgo, sono nella quadrimensionalità della percezione dei sensi unita a quella emotiva nell’accadere del suono vivo.
É un mio limite, che questo cd abbatte, ed é cosa rarissima.
Ascolto il cd in casa, e l’architettura della cattedrale si impone non solo al mio orecchio ma alla mia risonanza interiore. La quadrimensionalità che ricostruisce tempo e spazio per me, accade e si instaura.
Questo cd potrebbe essere preso come una miscellanea di composizioni diverse messe insieme a scopi editoriali.
No. Non é cosí. Nulla in ció che fa Jorge Andres Bosso é cosí, perché i diversi momenti della sua attività creativa e professionale sono tutti coesi, hanno tutti lo stesso centro, sono tutti la stessa cattedrale. Non si tratta di banale unità stilistica: certo che si possono con chiara evidenza riconoscere tratti stilistici identificativi e strutturanti in tutte le sue opere, ma questo é un semplice rilevamento, attiene agli aspetti di una lettura tecnica.
L’unitarietá di cui parlo riguarda la visione e la visionarietá dell’Autore, che diventano costruzione sonora capace di accadere anche nel medium tecnologico dell’ascolto su cd.
Peraltro, visto che alcune di queste architetture sonore sono state espresse in linee di sovraincisione suonate dallo stesso Bosso, bisogna dire che l’accadere della musica diviene tecnologico per definizione: questa esperienza specifica esiste solo nella registrazione, fruibile per tutti su cd.
A me, con il mio limite personale riguardo alla musica in cd, si impone come una scoperta: anche la musica riprodotta accade, la cattedrale viene a casa mia, ed é la cattedrale vera e intera.
La tradizione: cosa sia per Bosso la sua relazione con la tradizione va chiesto a lui. A me risulta essere un rapporto sovratemporale di immersione. Bosso vaga nel suo viaggio e conosce le cattedrali del passato come suoi fari di approdo, entra nelle cattedrali, e vi si immerge diventando centro di quella quadrimensionalitá. Alla fine, tutto si corrisponde come parte della cattedrale di suoni quadrimensionali che lui costruisce in quanto naturale e spontanea espressione della sua individuale quadrimensionalitá. Bosso é, la sua musica é il suo respiro, cioé il suo vivere, un vivere fisico ed emotivo unificati e pertanto fortemente aperti alla quarta dimensione, chiamiamola come vogliamo, ma altra.
Sarebbe molto facile lasciarsi andare a riferimenti mistici. Conoscendo Jorge, penso che sarebbe irrispettoso, sarebbe un modo per mettergli delle etichette comode a noi, che ce lo renderebbero piú simpatico o piú antipatico a seconda dei nostri orientanenti. No: bisogna aprirsi all’incontro con quello che Jorge Andres Bosso presenta e regala, e bisogna avere il coraggio necessario per liberarsi quanto lui é libero.
Brothers: il tema della fratellanza per Jorge appartiene a questo ambito di coraggio necessario. Se lo semplifichiamo a ideale stucchevole, siamo proprio fuori strada. Se lo riduciamo a tratto legato alla vita privata di Jorge, anche.
Fratelli é il modo di relazione fondamentale di Jorge e della sua creazione artistica nel suo insieme. Cosí mi pare. Capirlo é cosa complessa che richiede apertura e coraggio esistenziale. Si tratta dell’accadere di cose davvero importanti, e bisogna esser pronti. Se si trova, nell’incontro, di non esserlo ancora, si puó continuare per la propria strada, ma la cattedrale di Bosso sará sempre lí, e potremo entrarci nel momento giusto per noi: vi troveremo sempre bellezza e accoglienza come dal migliore dei fratelli.
Ho una vecchia lavatrice che funziona ottimamente ma ha la cassa esterna in metallo rovinata. Decido di verniciarla. É bianca, devo prendere una vernice bianca. La prendo, soprappensiero, trasparente, e quindi devo tornare in negozio a cambiarla. Ma nell’espositore delle bombolette ci sono altri colori. Un blu mi colpisce, lo ricordo. Sulla confezione si chiama BLU GENZIANA. Certo, siamo a Udine, vicino alle Alpi…
Arriva quel momento in cui decido di farlo. Sistemo la carta col nastro adesivo per schermare ció che non va verniciato, e lo faccio.
La mia vecchia lavatrice diventa hippy. Patty Pravo nel 1968 o giú di lí cantava scanzonata la canzonetta giovanile e libertaria “La valigia blu”, innocua espressione di quello spirito del tempo che metteva i foreveryoung al centro del mondo. Io ero un bimbo, nel 68 o giú di lí avevo 7 -10-12anni. Giocavo in strada con un gruppetto di coetanei o giú di lí: Renata, suo fratello Italo, loro cugino Castagna, piú grande, e fumava, oltre che farne di tutti i colori. Svoltati non piú di due angoli dal portone di casa, le rovine di una vecchia fabbrica: C.I.B.O., Colorificio Italiano Blu Oltremare. Le rovine erano tutte blu. Un blu bellissimo, sui muri piú grandi rimasti in piedi era a macchie, stinto da pioggia e umiditá, e questo lo rendeva trasparente e acquoso. La leggenda era che fosse l’unica fabbrica al mondo a produrre il Blu Oltremare. Era stata abbandonata a se stessa, dopo che la produzione era stata spostata altrove, fuori dalla cittá. Certo, era vietato entrare tra le rovine. C’era una recinzione vecchia e arrugginita con molti passaggi, nei pavimenti sfondati le fondamenta facevano da bacino per un grande stagno, pieno delle piante da stagno e di rane e girini. Al centro della moderna Pescara, noi ragazzi potevamo fare le nostre imprese fuori legge andando a giocare al vecchio colorificio e a guardare quella natura spontanea di ritorno dello stagno con le rane e i girini. Bisognava solo stare attenti a non appoggiarsi ai muri e a non cadere, perché il blu si sarebbe trasferito sui vestiti e a casa si sarebbero accorti della trasgressione. Poi la moderna Pescara ha modernizzato anche quell’area, nuovi palazzi eleganti sono stati costruiti, il blu é stato bonificato. Ma quei Barrens due angoli dietro casa mia, il luogo delle imprese fuori legge coi miei amici, la nostra solidarietá di ragazzini con famiglie piene di problemi che fanno banda e vivono le loro imprese come I Perdenti o come quelli di “Stand by me”… “Stand by me” l’ho visto che avevo circa 30 anni, tornato in vacanza a Pescara, e al cinema ho incontrato, per la prima volta dopo 12 anni o giú di lì, Daniela, la prima ragazza a cui ho detto “ti voglio bene”. Ero al ginnasio, la banda del colorificio si era dispersa, Renata e Italo erano stati deportati dai genitori a vivere in un altro quartiere, i lavori per la costruzione dei nuovi palazzi eleganti al posto dei muri blu e dello stagno erano avanzati. Daniela mi rifiutó, al ginnasio. Ma quando l’ho salutata, lei accompagnata, dopo aver visto il film, avevamo ancora gli occhi lucidi e la stessa incapacitá di parlare.
Renata invece l’ho rivista altri anni dopo, su un autobus, che tornava a passar la notte in prigione, era in libertá vigilata, vicina alla fine pena per una stupida faccenda di poco conto, roba di droga. E l’ho ritrovata pochi anni fa su FB: postava quasi solo cose riguardanti la sua adorata figlia ventenne, che le assomigliava tanto, una ragazza piena di tatuaggi colorati e con occhi azzurri brillanti di voglia di vivere proprio come quelli della madre. Renata volevano tutti spegnerla, attenuarla, e c’erano quasi riusciti. Con sua figlia, peró, ha vinto lei. Mi hanno rubato il profilo fb anni fa, e cosí ho perso Renata di nuovo, ma so che lei e sua figlia stanno bene.
Io e la mia lavatrice blu oltremare.
P.S. si, lo so, le madeleins sono piú eleganti giá di partenza…