Che piacere leggere “Waldemar”, che appagamento quando si ha a che fare con un’ opera che si presta a molteplici chiavi di lettura, animata d un meccanismo narrativo perfettamente oliato il cui funzionamento non attenua il gusto del lettore ma anzi lo amplifica.
Biografia di un personaggio le cui passioni sono sempre eccessive (rispetto alla morale comune, all’ opportunità, a volte persino per l’ oggetto stesso del suo amore), omaggio all’ opera di Isherwood, una vicenda caratterizzata da andirivieni temporali mai casuali, l’ opera risolve nel migliore dei modi il dibattito tra finzione, (auto)biografia, critica letteraria. Qui al centro di tutto c’è la forza di una narrazione trascinante che non solo coinvolge il lettore dall’ inizio alla fine ma lo spinge a andare oltre i confini della vicenda narrata per immaginare un seguito alle vicende dei personaggi. Che è ciò che si dovrebbe chiedere a un libro e “Waldemar” ci riesce in pieno. MAX BIENATI
Personalmente, e su questo mi dilungherò un poco, sono stato attratto dagli effetti metatestuali o metaletterali, sottintesi o no, che costituiscono pause o momenti di riflessione pregnanti (e allettanti). Questi momenti sono occasionati dalle inserzioni di passi di Isherwood, di cui il romanzo è debitore sin dal titolo. Sicché già nel terzo capitolo, significativamente intitolato «Nudo», il corpo svestito o che si sveste o che si riveste – messaggio sociale, rituale, simbolico – cagiona subito una riflessione sulla scrittura. La quale, si sa, è (anche) svelamento di sé, messa a nudo (esistenziale, spinosa, condizione liminare). Chi dunque si mette a nudo nei romanzi di Isherwood? Chi in questo Waldemar? La ‘risposta’ di Tenaglia sopraggiunge un tantino tranchant: In tutto ciò Waldemar nudo è il corpo (leggendario) che si fa superficie scrittoria. Quanti Waldemar in questo romanzo! LORENZO LEONE
Ma chi è Waldemar e cosa rappresenta? Egli è un giovane tedesco che incarna l’eros assoluto e spontaneo, la naturalezza, l’energia, la pura gioia, la vertigine sessuale, l’istinto che agisce in quanto tale e quindi non è mai immorale ma, semmai, pre-morale. Jonathan è un moderno Waldemar: un Waldemar non più tedesco bensì, rovesciandone i canoni ariani, africano. Insomma, Waldemar è per Saverio un modello di riferimento, sia umano che artistico. Umano perché è mero corpo che dà il piacere sessuale al di fuori della morale, e artistico perché, da personaggio “appartato” (appartato come Jonathan), quale sembra essere Waldemar in Ritorno all’inferno, dove c’è un narratore che parla in prima persona e che si chiama Christopher e che potrebbe essere Isherwood stesso, in verità ne è il protagonista. Perché in Ritorno all’inferno, «l’io narrante, Christopher, fa la biografia di Waldemar, ma come se non fosse così, non lo dichiarerebbe mai: di sghembo». Allo stesso modo di come in Waldemar, Saverio, interrogando le opere di Isherwood, in fondo non faccia altro che scrivere la biografia di Jonathan. GIANLUCA MINOTTI
Christopher Isherwood, se non lo si conosce, sa diventare subito una vera sorpresa. Una figura dai molti talenti, testimone per vocazione di tanti luoghi e non pochi pericoli, cuore sempre attento ai moti d’animo altrui e al loro ricco evolversi.
L’idea di legare Isherwood agli studi di Saverio, del quale seguiamo l’intera vita, è la catena di trasmissione di tutte le forze del romanzo: che ne scolpisce molte, di forze, non solo una. C’è forza nel sopravvivere al lutto da bambini, senza perdere né la tenerezza né la voglia di scoprire la vita; c’è forza nello scommettere su sé stessi, anche quando i modelli prevalenti dirotterebbero il destino ben altrove; c’è forza nello scegliere l’amore, anche prima di sapere se a quel corpo saprà corrispondere il nostro; c’è forza -la più grande- nell’affiancare la morte altrui ed accettare di scoprire, poco alla volta, quale segno ci lascerà. C’è il coraggio di vivere senza indugiare mai nell’incoscienza, attraversando tutto senza raccontarselo più semplice di come sia: l’incoscienza, quella beata, la puoi solo osservare con occhi amanti, un po’ come Christopher guarda Waldemar. Ha fatto tanti chilometri con me, questo bellissimo romanzo, e resterà legato alle sensazioni di questo periodo e al suono delle conversazioni col caro amico Alessandro Tenaglia, che lo ha scritto. È un libro difficile da lasciare; non mi era mai capitato di calibrare la lettura del finale con l’arrivo del treno in stazione, riuscendo a chiuderlo proprio sul suo frenare per farmi scendere. Ho viaggiato ancora, dopo quella sera, e pur avendolo finito l’ho riportato con me. In onore del senso di dipendenza con cui lui, il libro, ha deciso che lo leggessi; e per la voglia di averlo a tiro, non appena mi occorra chiedergli ancora qualcosa. VALERIA PICARDI
A prima vista il romanzo è la storia di Saverio, dal racconto dei suoi viaggi giovanili e della sua personale ricerca di sé, al racconto del suo ritorno a casa. Al contempo, il romanzo è però anche una riflessione dello scrittore sui temi e i simboli che operano nel racconto e, più in generale, una metariflessione sul senso dello scrivere, che Alessandro Tenaglia sviluppa a partire da un serrato dialogo con le opere di Christopher Isherwood. ELIO ANTONUCCI
“Waldemar” è un libro che arricchisce. Mi ha riportato indietro nel tempo ad un’epoca in cui i libri erano scritti con un’autenticità e una profondità che mi ha fatto piacere ritrovare in questo romanzo.
In “Waldemar” i personaggi sono reali, tanto che sembra quasi di conoscerli intimamente. Con il loro personale percorso di vita rendono reale uno scenario di emozioni, eventi e qualità umane che va ammirato come un dipinto: facendo un passo indietro e valutando il quadro generale, che emerge con chiarezza al termine della lettura.
L’intreccio è appassionante, intenso e ricco di evoluzioni sorprendenti che portano avanti questa saga familiare fatta di difficoltà, eventi drammatici controbilanciati da momenti di una delicatezza assoluta.
Nella storia del protagonista, Saverio, tutti i personaggi hanno un ruolo fondamentale ma ho apprezzato particolarmente il modo in cui sono stati costruiti i personaggi femminili, la cui forza d’animo, lucidità o grande umanità emerge in tutto l’intreccio e quasi accompagna Saverio nella sua evoluzione, come un fiume d’amore che lo spinge avanti. Il contraltare sono i personaggi maschili, che, come Saverio, affrontano un percorso interiore di crescita e scoperta del sé più profondo, a volte inaspettato.
Molto interessanti anche le parti del testo relative a Waldemar, il personaggio di Isherwood che dà il titolo al libro. Sono momenti preziosi per riflettere su temi quanto mai attuali, come le dittature, riemergere del totalitarismo, il plagio delle masse.
La scrittura è sempre fluida, leggera ma con grande capacità comunicativa che raramente ho trovato in uno scrittore.
In definitiva è un libro che consiglio di leggere, diverso dal solito, che vi lascerà davvero qualcosa di prezioso. Simone Perria








































