Il confine tra questa libertà e la sicurezza nazionale in un periodo sensibile se non di guerra dichiarata è molto labile. Il concetto stesso di “sicurezza nazionale” normalmente mi fa inorridire. Ai tempi, per intenderci, chi scriveva Kossiga lamentava la perdita di democrazia in atto con la “scusa” della lotta al terrorismo.
E con delle ragioni.
Adesso, penso che la lista fatta dal Corriere sia un gesto politico utile. Tra le tante libertà di espressione, è una di quelle che io trovo piú utili.
Io poi non sono nessuno, ma mi prendo l’arbitrio di affermare che i pacifismi a fini elettorali hanno sulla coscienza molti morti in Ucraina e il rafforzanento dell’azione militare speciale, che non può essere chiamata guerra, di quel brav”uomo di Putin; e di dire che armare di più e sul serio l’Ucraina nell’assedio di Mariupol avrebbe portato ad essere adesso al tavolo delle trattative.
Io resto a sostenere il Presidente della Repubblica Ucraina, il cui territorio è stato invaso e viene totalmente distrutto.
L’Unione Europea si compiace di essere ostaggio di Orban, pupazzone funzionale a difendere gli interessi economici di Germania, Francia e Italia.
Quel che dico io, Signor Nessuno, non vale una lira. Ma sono libero di dirlo, e sono libero di andare oltre le manipolazioni, finchè ci riesco.
Vorrei proprio avere qualche definizione sensata di concetti quali:
– interesse nazionale
– politica nazionale
– diritto di autodeterminazione dei popoli
– collocazione geopolitica
e infine, dalle destre che si scoprono cosí attente al diritto di espressione e cosí aperte alle ragioni dell”invasore:
Giornata internazionale contro l’omo/lesbo/trans/bi-fobia
lo so, questo video è lungo, e non si hanno 13 minuti (!) per seguirlo
E poi è un estratto da un romanzo, che c’entra…
Ecco: che c’entra
C’entra che non a tutti è dato oggettivare in modo creativo un grumo di emozioni che per la maggior parte blocca le vite, soprattutto nel contatto con il mondo cosí com’è, omofobico e violento
Dedicare 13 minuti ad un’espressione creativa su questi temi forse può essere tempo utile: a fermarsi ad ascoltare a mettersi nel punto di vista dell’altro a considerare che questo sentire non si riassume sotto gli stereotipi a vedere quanta vita c’è dentro a considerarne la bellezza
Condivido tutti gli argomenti e l’analisi. Condivido anche la previsione. Non condivido l’autocensura, forse perchè io, ignoto scrittorucolo che nessuno conosce, scrivo perchè, e solo perchè, ho qualcosa che devo dire e che devo trovare il modo migliore di dire, e se non lo faccio implodo. Che poi qualunque scrittore che pubblica, indipendentemente da quanto sia “bravo”, abbia un bisogno quasi fisico di lettori e di uno scambio con loro, è nella dinamica frustrante per definizione del parlare per lo piú a un muro di silenzio, con cui purtroppo si devono fare i conti costantemente. Ma come non riesco a scrivere solo perchè mi viene offerto gentilmente uno spazio, se non ho qualcosa che davvero devo dire, cosí se non scrivo quando qualcosa da dire c’è in me, muoio.
Big Game – Gli Stati Uniti definiscono le priorità del decennio sullo scacchiere internazionale, rafforzando le alleanze nel Pacifico e in Europa per aver ragione delle due altre potenze mondiali
12.04.2021
di Lucio Caracciolo
Gli Stati Uniti hanno deciso di buttare fuori pista la Cina entro questo decennio. La Cina ha giocato la carta russa per impedirlo, stringendo una quasi inedita intesa con la Russia. Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale gli americani si trovano quindi a fronteggiare due grandi potenze, la seconda e la terza del pianeta, in una partita che segue ormai la logica di guerra. Somma zero.
In questo schema triangolare, Washington ha due opzioni per evitare il possibile scontro contemporaneo con entrambe le rivali. La prima, elementare secondo la grammatica della potenza, è di giocare la più debole contro la più forte: Mosca contro Pechino. La seconda, più rischiosa, sta nel liquidare prima la Russia per poi chiudere il match con la Cina ormai isolata. Soffocandola nel suo angolo di mondo dove, senza più il vincolo con i russi, Pechino sarebbe completamente circondata: lungo i mari dalla linea India-Australia-Giappone teleguidata da Washington. Per terra da quasi tutti i vicini, India e Russia in testa.
È questa seconda ipotesi che comincia a circolare a Washington. E che Biden sta illustrando ai soci atlantici ed asiatici, perché certo da sola l’America non ce la può fare. Le risposte finora avute dai possibili o effettivi alleati sono abbastanza promettenti. Su tutti e prima di tutti, ovviamente i cugini britannici. Global Britain vive in simbiosi con gli Stati Uniti. La strategia geopolitica di Boris Johnson, appena licenziata, presenta quindi un profilo smaccatamente antirusso prima ancora che anticinese. Nella linea della tradizionale, atavica russofobia britannica. Ma con quel pepe in più che il Brexit e il conseguente allineamento totale a Washington impongono. Il «brillante secondo» ha risposto sì all’appello del Numero Uno: pronti a far fuori la Russia, con le buone o con le cattive.
Siccome lo scontro antirusso sarebbe tutto giocato in Europa, e più specificamente in quella parte mediana del continente che separa la Germania dalla Russia – sicché nella storia è stata spesso spartita fra i due imperi – il sì di polacchi, baltici e romeni è particolarmente squillante. Dopo aver inflitto nel 2014 una sconfitta storica a Putin, trovato con la guardia bassa in Ucraina e quindi ormai costretto nel ridotto crimeano e nel Donbas – dove le truppe di Mosca sostengono discretamente i ribelli anti-Kiev – i paesi della Nato baltica e russofoba sentono prossima la vittoria. Che per loro, come per gli americani, significa la disintegrazione della Russia. Sulle orme del collasso sovietico del 1991.
La pressione atlantica, diretta dagli americani e sostenuta dai britannici, si concentra su tre quadranti: Baltico, Nero e Caucaso.
Nel Baltico le basi americane e atlantiche sono rafforzate e ancor più lo saranno nel prossimo futuro. Per esempio in Polonia, dove non ci sarà più «Fort Trump» – una base avanzata americana intitolata all’allora presidente della Casa Bianca – ma ci saranno certamente dei «Fort Biden», di nome e/o di fatto. Intanto, per chiarire come stanno le cose, Washington è decisa a interrompere in un modo o nell’altro il progetto di raddoppio del gasdotto Nordstream, ormai quasi completato. Simbolo della cooperazione sotterranea – nel caso, sottomarina – fra Berlino e Mosca che ogni tanto emerge dai suoi percorsi carsici, e che per Washington come per Varsavia è il Male assoluto. La definizione che l’ex ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski diede di quel tubo subacqueo – «gasdotto Molotov-Ribbentrop» – fotografa questo punto di vista. Non per caso Washington ha inviato navi da guerra a pattugliare le acque dove quel vincolo energetico fra Russia e Germania sta finendo di materializzarsi.
Sul fronte del Mar Nero, gli ucraini stanno spostando armi e truppe verso il Donbas, mentre i russi stanno facendo lo stesso in direzione opposta e contraria. La tensione attorno alla Crimea ma anche nell’area di Odessa sta salendo. Per terra e/o per mare potrebbero accadere «incidenti» dagli effetti imprevedibili. Con i romeni pronti a farsi valere, e ad accogliere eventuali contingenti Nato (anche per risolvere la loro questione moldova-transnistriana, un pezzo di Romania che Bucarest considera intimamente proprio, solo provvisoriamente indipendente).
Tra Nero e Caucaso, dopo gli scontri per il Nagorno-Karabakh rischia di riesplodere anche la polveriera georgiana. Qui, fra l’altro, la filiera jihadista resta un fattore non trascurabile. Se necessario, americani e altri occidentali potrebbero eccitarla contro Mosca, sulla falsariga dell’Afghanistan negli anni Ottanta.
E la Russia? Non va troppo per il sottile. In caso fosse alle strette, Mosca sarebbe pronta alla guerra. Perché ne andrebbe della sua stessa sopravvivenza. Nel frattempo, come da antico costume, si preoccupa di allacciare o riallacciare relazioni proficue con Germania, Francia e Italia, i tre principali paesi continentali, che non hanno mai condiviso la passione antirussa degli ex satelliti dell’Urss. I prossimi mesi ci diranno se questa crescente pressione americana, via Nato, sulla Russia, sarà contenuta o se, magari inavvertitamente, produrrà la scintilla di un conflitto dalle imponderabili conseguenze.
Ora io, non Caracciolo:
Non si tratta di dire se si è d’accordo o no. questa luciditá di analisi non giudica chi abbia ragione o torto, non sposta quindi il nostro giudizio morale da una parte o dall’altra. Vogliamo stare sotto l’ombrello NATO-USA o preferiamo quello RUSSIA, eventualmente molto effimero, e in prospettiva molto vicina CINA? Poi possiamo dire che qui Caracciolo non cita neppure l’EUROPA, ma i suoi singoli stati principali, Italia inclusa, pilateschi e ondivaghi, e di pochissimo conto, finchè l”EUROPA NON ESISTE. E le scaramucce ideologiche in cui tutto è giudizio moralistico (non morale, sia chiaro) lasciano il tempo che trovano, servono solo per le chiacchiere tra amici, per non annoiarsi, mentre le onde lunghe delle revisioni geopolitiche devastano quá e lá. Dai, divertiamoci! Affermiamo i nostri principi di sinistra o di destra contro Zelensky e contro la NATO, difendiamo Putin in modo piú o meno mascherato, e riempiamoci l’ego di pace! Poi si dorme meglio!
“il suicidio di … proprio non l’ho capito” “particolarmente efficace nel delineare le figure femminili, Germana mi ha commosso” “ma pure lui! no è troppo!” “una scrittura che mi tira dentro, inquietante” “il suicidio di … lo capisco perfettamente” “le parti musicali mi annoiano” “la copertina è orribile” “davvero profondo” “una madre cosí assente per un omosessuale? mi pare poco credibile” “una scrittura fisica” “tra tanti problemi, riesci comunque a dare speranza” “troppo complesso, non riesco a seguire tutto” “ma insomma, si mette a mangiare come un poveretto! e su!” “bellissima la copertina!” “sei misogino” “parli della musica regalando le emozioni dell’ascolto” “la madre è dappertutto perchè regala a Saverio la passione per i libri” “le descrizioni sono evocative” “una scrittura onirica” “le donne sono sempre mute e non hanno rilievo” “una precisione incredibile: pure l’alloro da cucina, che nessuno distingue da quello ornamentale!” “belli i periodi brevi” “ma quanto hai studiato nella tua vita?” “periodi lunghi che rischiano di crollare e poi svoltano come non ti aspetti” “tutti argomenti che non mi interessano, ma voglio arrivare in fondo per come scrivi” “forse potevi approndire meglio i personaggi” “scrittura di qualità, ma non per tutti” “non puoi non rispecchiarti, vicende universali” MA È TUTTA AUTOBIOGRAFIA, NO?
rispondo: NO.
Ma pare che Waldemar viva bene in chi lo legge: ognuno ci trova cose diverse.
Inizio a capire meglio, proprio mentre la confusione è totale, sotto il fuoco delle propagande.
Zelensky avrebbe osato dire, un anno fa, che voleva riportare la Crimea invasa dai russi sotto la bandiera ucraina che vi sventolava di diritto fino al 2014, e questo lo renderebbe colpevole quanto Putin della situazione di guerra.
Questo è solo l’ultimo argomento assurdo, nella nuvola pacifista, che mi è capitato di leggere. Una pace molto strattonata, evidentemente. A favore di leader.
Allora faccio ordine.
Putin ha ordinato di violare ancora una volta, dopo il 2014, lo Stato Democratico Indipendente dell’Ucraina, ma stavolta muovendo una vera guerra non dichiarata.
La cosa è di caratura simbolica ed effettiva esorbitante rispetto agli altri conflitti, e fa di Putin un pericolo per l’ordine geopolitico mondiale. Giocare a rimpiattino con questo, adducendo poi motivazioni pacifiste, è sconsiderato.
L’Italia deve restare legata al patto atlantico, la sua collocazione deve essere definita e decisa. Ne va della nostra stessa sicurezza in assoluto. Stiamo in guerra, in modo indiretto, per difenderci.
Questo vuol dire che è nostro interesse specifico che Putin venga sconfitto, e anche processato per i suoi crimini di guerra.
Questo vuol dire che la Russia deve uscire molto ridimensionata e incapace di nuocere da questo conflitto stoltamente da essa stessa avviato in modo tanto arrogante quanto improvvvido.
O l’Europa diventa un vero stato federale con un suo capo di governo e un suo esercito, o non esiste affatto. La scelta è chiara. E la Cina intanti ci guarda e ci fa ombra.
I sedicenti patrioti che giustificano Putin vanno contro l’interesse dell’Italia e dell’Europa. Patrioti?
Che Zelensky debba arrivare ad un compromesso di pace è cosa evidente: come aiutarlo a questo? Questa è la vera domanda ancora aperta. Ma forse è aperta solo in pubblico: i trattati di pace sono sempre stati preparati in segreto.
Io ammiro Zelensky oltremisura e sono certo che, superata questa guerra, lui troverá il suo posto tra i veri Grandi. È l’unico gigante tra tutti, Putin, Biden, Johnson, Macron, …
Il concetto stesso di nazionalismo verrá completamente ridefinito, perchè questa è la prima guerra in cui i riferimenti geopolitici sono posti giustamente come determinanti ma non tra i politologi e gli esperti, ma sul piano della comunicazione di massa.
È una guerra di demitizzazione. E questo è davvero un fatto positivo. Pagato troppo caro.
Il mio “Waldemar” sembra suscitare interessi spionistici: ma Saverio è l’Autore? ma le storie sono tutte autobiografiche?
Certo, il tono può far sembrare che per tutto il libro parli dei veri fatti miei in modo spudorato. Il che sarebbe davvero irrinunciabile per l’umanitá.
Ma l’umanitá, o almeno quella infinitesimale parte di umanitá che si imbatte in “Waldemar”, dovrá farsene una ragione: non è cosí. Si tratta di un romanzo, invenzione, e chi è narratore rielabora frammenti delle sue esperienze reali in un flusso di storie e personaggi immaginati. Io l’ho fatto per parlare di alcuni temi, per dire delle cose. Il centro alla fine non sono neanche le storie (tantomeno l’autobiografia spasmodicamente ricercata da certi lettori), quanto il tentativo di capire delle cose, di porre perlomeno domande sensate. Sull’esistenza privata, sull’esistenza condivisa, sull’esistenza pubblica.
La narrazione è una delle modalitá della conoscenza a nostra disposizione. Le armi formali usate servono a conoscere, altrimenti sono puro divertissement.
Per me, tutto avviene con forte empatia, si tratta di un vero coinvolgimento emotivo. Per questo per dire quel che avevo da dire ho scelto la narrazione, altrimenti, se fossi stato capace di maggiore distanza emotiva, avrei scritto un saggio su Isherwood e sui suoi romanzi americani, con le caratteristiche della scrittura saggistica.
Mi si dice poi che sono un tipo strano. O che novitá!
Chi si pone sempre tante domande cercandone risposte non banali non sta nella dimensione ordinaria dell’essere umano, e quindi è strano. Non omologabile. Sarei in torto se volessi rinunciare a questo.
Ma anche questo non è di alcun interesse se non per le pochissime persone in cui mi imbatto nella mia vita quotidiana, e per me. Quindi, non val la pena neppure porre l’argomento.
Ma perchè parlarne proprio oggi, il 25 aprile?
Intanto perchè, tra le cose di cui parlo in “Waldemar”, ci sono anche la guerra, la dittatura, il nazismo, il pacifismo, la morte.
Poi perchè quest’anno le cosiddette “narrazioni” (che si ammantano di “complessitá”) della Resistenza nel presente attuale della guerra in Ucraina ci rendono tutti vedovi di una Narrazione capace di porsi davvero domande giuste e oneste sulla Storia, quella della Resistenza appunto, e su quel che sta accadendo, l’occupazione russa e la resistenza degli Ucraini.
Prima vengono le etichette e poi i fatti.
Un romanzo cosí non potrebbe sopportarlo nessuno. Invece ci va bene in questa complicata situazione storica reale.
Si piegano i fatti della resistenza a piccole microstorie di tipo autobiografico, con accanimento, e se ne perde totalmente il senso reale.
Si fa moralismo sulle armi e sulla pace perdendo completamente il senso morale, e facendo palese uso di doppia morale.
Come nella pandemia, si confondono i piani e si stravolgono i significati di parole fondamentali come libertà, democrazia, dittatura, aggressione, resistenza, pace. Ma tutto questo non è solo un gioco letterario: porta conseguenze reali.
Scrivere ha senso se pone domande serie e oneste sulle parole importanti. Quelle del mio “Waldemar” sono nel suo indice. Le ultime tre sono estremamente calzanti adesso: Morte; Guerra; Estraneitá. La prima, Nudo, è poi quella sulla condizione primaria del nostro esistere: senza difese, forte di vita, vera, immediata.
Perdonatemi se parlo di “Waldemar” insieme a temi forti come la guerra e la Resistenza. Perdonatemi se lo faccio parlando dell’Ucraina. Io vi perdono per la vostra caccia a pettegolezzi sulla mia vita privata nelle pagine di “Waldemar”.
Il fatto è che sono un tipo strano, che dice cose strane, fa cose strane, e nessuno riesce a mettermi addosso etichette che non scivolino via immediatamente. E poi Isherwood, che tanto mi rispecchia, non ha fatto che parlare di memorialistica e finta autobiografia, sullo sfondo del nazismo, della seconda guerra mondiale, della guerra fredda, della crisi di Cuba: della vita straniata, della morte , della guerra, della nuditá fisica e morale riguardo a tutto questo.
Aggiungiamo aggettivi per difenderci dai sostantivi, addomesticarli, renderli digeribili. Realtá e destino sono coincidenti, ma ci difendiamo da questá veritá mettendo aggettivi addosso al destino mettendoci dentro quei pezzi di realtá troppo miseri o troppo enormi perfino per essere attenuati da qualunque aggettivo. Nella morte cadono tutti gli aggettivi e la coincidenza di realtá e destino è definitiva.
Siamo manipolati costantemente, ma, soprattutto, ci piace esserlo. È molto confortevole. Abbiamo principi ideologici molto solidi, morali molto meno, ma li confondiamo facilmente a nostro vantaggio. Ci fidiamo di ascoltare e vedere quel che ci arriva, e questa informazione ci conforta, anche se apparentemente ci dá pugni allo stomaco.
Però nella nostra democrazia esistono ancora pubblicazioni importanti, che non vanno leggiucchiate e basta, e che non sono consolatorie.
Invito allo studio, e a tacere un po’: i portatori di irrinunciabili opinioni sono abilitati anche loro allo studio e alla riflessione. Potrebbe persino crescere la consapevolezza, e quindi la libertá sostanziale.