L’amica geniale.
Tra i tanti pregi di questa serie, ne sottolineo uno che a me personalmente sta molto a cuore: Napoli raccontata nella durezza delle relazioni reali, senza nulla della retorica del tanto celebrato “calore”, che poi si estende, dalla capitale alle province del Regno Borbonico, a tutto il meridione.
Quel cosiddetto “calore” di cui tanto ci si bea è una favoletta vera quanto la Befana. Non c’è. Non esiste. Ho trovato molto più calore reale in situazioni e luoghi generalmente tacciati di durezza e freddezza.
Trovo in questo benefico e veritiero tratto della narrazione di “L’amica geniale” una diretta assonanza con le narrazioni che ne fa Sorrentino nei suoi film e nei suoi libri.
Poi, davvero non capisco la fascinazione di cui è capace Nino Sarratore, e prima di lui suo padre, sulle donne. Viene facile, e sdrammatizzante, la battuta “le donne non capiscono nulla degli uomini”, ma credo che la mia difficoltà stia in un livello più profondo: le donne, vittime millenarie di patriarcato, hanno sviluppato le loro armi di sopravvivenza e di potere nella manipolazione emotiva, e quindi poi anche nelle relazioni sessuali ed emotive ne pagano il contrappasso e sono facilmente vittime a loro volta dei manipolatori, mentre l’amore tra uomini (con questo escludo la relazione tra un uomo e chi, nato uomo, peró si identifica come donna, ricreando la dinamica standard uomo-donna) e l’amore tra donne si gioca su altri piani. La fascinazione tra uomini e la fascinazione tra donne strutturalmente non hanno a che fare con giochi manipolatori, perchè si pongono al di fuori del sistema patriarcale, che infatti le teme più di ogni cosa, anche più della libertà della donna.
Parlando delle attrici, le trovo meravigliose, intense, dense, tutte quelle che si sono avvicendate nei ruoli di Lila e Lenù, e tutte le altre. Gli attori anche sono tutti molto bravi, ma stanno tutti un gradino piú in basso delle colleghe. Sará anche questo un effetto della narrazione. Il mondo maschile ne esce a pezzi, e forse é giusto cosí. O forse é un necessario segno dei tempi, in attesa di una prossima evoluzione.