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È andato bene.

Pubblico molto attento per tutto il tempo, e numeroso, dato il tipo di appuntamento.

Lunghi applausi alla fine.

Qualcuno è venuto a stringermi la mano e a ringraziarmi. “Grazie per le sue parole”.

La verità è che prima di iniziare ero in panico, e avevo perso il senso di andare a iniziare. Poi ho passeggiato respirando profondamente per l’auditorium-ex chiesa, e ho fatto appello al senso del dovere verso il pubblico convenuto e i cari amici che  mi hanno invitato. Sapevo di avere un po’ di “mestiere”, e me ne sono fidato.

Per tutto il tempo sono stato totalmente scoperto: la sola uscita accettabile era la sincerità assoluta.

Ho letto molto di Isherwood e qualcosa di mio. Ho suonato. Ho suonato con Jorge. Jorge ha suonato prima da solo, e poi mi ha posto temi essenziali. Lui non pone mai altro che temi essenziali. Anche dopo, a casa. E mi ha aiutato.

Ultimo appuntamento in pubblico del mio 2024. Quest’anno ne ho avuti tanti, tutti piccole cose in realtà, ma molto impegnative per me. Le vicende di questi ultimi mesi, da agosto ad ora, sono state per me complesse, e mi hanno prosciugato.

Non ho gioito dell’evidente buon risultato di ieri. Ho dei miei interrogativi che hanno bisogno di tempo e pace per esser risolti.

La cara Irene mi ha fatto delle foto magnifiche. La mia vanità è stata coccolata.

Ho dei cari amici in Jorge e Ivana.

Di questo gioisco.

Per il resto, ci vuol tempo.

Torno a casa, e dalla mia finestra vedo questo. Sono fortunato. Per i cari amici. Per la bellezza di cui mi occupo. Per B. Per la mia comoda casa con un bel tramonto.

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