Recensione: La voce di Mignon – Luca Ciammarughi

A distanza di anni dalla pubblicazione, arriva ancora una bellissima recensione di Luca Ciammarughi, che ringrazio di cuore

Su LPR, mensile digitale di informazione e cultura, le mie recensioni del mese, fra libri, musica, cinema e danza contemporanea.
Riporto qui sotto, in particolare, la recensione del volume di Alessandro Tenaglia “La voce di Mignon”:

Unire in uno stesso libro narrativa e saggistica è ardua impresa, per la quale è necessario essere al contempo creativi e informati. Il romanzo che affronti un tema già sviscerato dagli studiosi di uno specifico settore, poi, è un arduo rischio, perché – in nome del pathos narrativo – si rischiano semplificazioni o forzature. Non parliamo poi del romanzo che affronta tematiche musicali, confrontandosi quindi con la più sfuggente e imprendibile delle arti. Eppure, Alessandro Tenaglia riesce in questo suo romanzo a tenere insieme queste dimensioni senza cadere né in banalizzazioni né nella noia. Come? Separando con una certa nettezza le parti saggistiche, dedicate ai “Mignon-Lieder” di Schubert, da quella propriamente romanzesca, ispirata agli archetipi del “Wilhelm Meister”goethiano. Il metodo narrativo è di stampo metaletterario e quindi antico come il mondo, eppure nuovo: la netta separazione fra saggio e romanzo, pur sottilmente intrecciati fra loro, permette al lettore di non confondere il dato storico con il volo romanzesco, e allo scrittore di essere rigoroso e liberissimo al contempo. Tenaglia ha i mezzi per affrontare il cimento: pianista e docente di musica da camera in Conservatorio, ha frequentato a lungo questi Lieder, non solo informandosi musicologicamente, ma anche formandosi (cosa altrettanto importante) riguardo a ciò che essi rappresentano nel vissuto musicale ed esistenziale.
La “voce di Mignon” che dà il titolo al romanzo consiste nel canto della ragazzina androgina da cui Wilhelm Meister, protagonista del Bildungsroman di Goethe, è profondamente colpito. Rapita dalla terra in cui è cresciuta, l’Italia (“il paese dove fioriscono i limoni”), e sfruttata come acrobata da una compagnia itinerante, Mignon viene riscattata da Wilhelm, che diventa per lei una sorta di padre. Ma il suo destino è segnato: incarnazione della Sehnsucht – quello struggimento che è anelito verso qualcosa che non si potrà mai stringere né raggiungere definitivamente -, incapace di esprimersi negli argini del Lògos, sfuggente persino in quella che oggi definiremmo la sua “identità di genere”, Mignon è una sorta di angelo della musica destinato a esprimersi vocalmente in maniera disperatamente intensa e poi a morire. Alla morte, preceduta da un’ispirata e folle Wanderung vocale-strumentale, è predestinato anche Agostino, vecchio arpista che porta su di sé la colpa di un incesto (inconsapevole) con la sorella Sperata, da cui Mignon è nata. Goethe ama a fondo questi personaggi ma, da classicista cresciuto nel Settecento, ne è al contempo spaventato: è attratto dalla musica come espressione del dionisiaco, dell’irrazionale e persino del demoniaco, ma porta il suo eroe Wilhelm verso il superamento di quella prospettiva musical-teatrale, verso una destinazione sapienziale compatibile con l’equilibrio borghese. Non sarà così per Schubert: il musicista, snobbato dal poeta (per mancanza di tempo o più probabilmente per le arditezze dei suoi Lieder, non più al mero servizio del Verbo), mette carne e sangue nella sua interpretazione di Mignon, veleggiando con i suoi suoni verso il romanticismo di un Novalis o di un Hölderlin. Schubert non solo rappresenta Mignon, ma in un certo senso è Mignon. E, come Tenaglia ci fa ben comprendere, questa identificazione è sempre più forte nel corso degli anni: nei Mignon-Lieder degli ultimi anni, più che nel giovanile “Kennst du das Land”, il linguaggio schubertiano si fa sempre più essenziale, ma allo stesso tempo sempre più intenso e corporeo, come se Mignon sfogasse nel canto tutto il suo eros prima di passare a una dimensione angelica (che poi sarà anche quella della Séraphîta di Balzac).
Tenaglia ritrova questi percorsi simbolici nei personaggi del suo romanzo: Frau Magda, Adriano, Waldi, Laura e il Maestro Lostshine sono, in diversi modi, abitati dal conflitto fra Lògos e Mèlos. Quando il secondo prevale, per esempio nella dolorosa scoperta di Magda di potersi davvero esprimere vocalmente con una voce che pensava brutta, la via intrapresa è una via meravigliosa e pericolosa al tempo stesso, sia perché lontana dalle comode strade della logica, sia perché legata al risveglio di un inconscio pronto ad esplodere senza freni. Ma senza questa immersione nella corporeità più profonda – sembra dirci Tenaglia – la vita sarebbe dimidiata.
LC

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