Una lezione.
Puntualizzo, cioè, letteralmente, traggo alcuni punti schematici:
- Camilleri mette se stesso alla prova di una narrazione ampia complessa e bisognosa di logica, e per questo sceglie una “gabbia” adeguata: il genere del romanzo poliziesco;
- il successo dei primi due titoli porta alla richiesta di serializzazione, cosa possibile tra le caratteristiche di genere;
- il successo di Montalbano si è tirato dietro il tardivo aumentato successo dei romanzi di genere storico e civile di Camilleri stesso;
- Camilleri ha sempre scritto romanzi “di genere”, probabilmente perchè le gabbie che essi offrono erano per lui di stimolo alla creazione delle sue storie e all’esposizione dei suoi pensieri;
- la scrittura di genere è in Camilleri la scelta di una pragmatica situazione in cui fare narrazione e dire delle cose, non secondario, affatto, il successo, cioè la verosimile e poi reale possibilità di vendita dei romanzi stessi.
Chi si muove in una narrazione non “di genere” pensa di farlo in assoluta libertà creativa.
In realtà, intanto esclude e lavora per escludere qualsiasi “gabbia” di genere, e nei fatti insegue una propria piú o meno consapevole “gabbia” personale, personalissima, unica, pensando di trovarla.
Ma realtà vera è che non esiste questa totale unicità, che suona molto come una übris, bensí esistono i modelli piú o meno consapevoli cui ogni scrivente si riferisce a partire dalle letture fatte nella propria vita.
Io personalmente ho la mia “gabbia”, di cui sono molto consapevole: costruito fin da ragazzino come colui che studia al pianoforte le grandi musiche dei giganti del passato, e se ne emoziona, mi si accende la necessità di dire delle cose dall’incontro fortemente emotivo con qualche gigante del passato.
A seconda dei casi, le cose che ho da dire sono fatte maggiormente di riflessioni, e scrivo qualcosa di saggistico, come su King e su Silone, oppure sono fatte di un magma emotivo da districare e narrare, e scrivo romanzi, come La voce di Mignon a partire da Goethe e Schubert, e Waldemar a partire da Isherwood.
Quel che mi manca totalmente è la dimensione pragmatica legata all’efficacia di vendita e successo. Ma è mancata a tanti. Alla fine, quel che veramente distingue lo scrittore “di genere” dallo “scrittore e basta” non è la necessità e l’uso di una “gabbia”, ma l’importanza che assume per lui la componente pragmatica della vendibilità di ciò che pubblica.