



Il mondo è pieno di tango.
Detto questo, usciamo dal tango.
Con questo doppio album, cd+dvd, abbiamo un’opera che stabilisce in autonomia i suoi riferimenti, tra i quali il principale è il tango, ma nessuno dei suoi stereotipi.
Credo che la scelta di presentare il dvd sia centrale: si tratta di un ensemble cameristico che suona, ma essenzialmente si tratta di teatro, come teatrale è il monologo che Jorge Bosso propone nella traccia extra di introduzione alla composizione.
Teatralità sicuramente consapevole, e, in quanto tale, tarata su un alto livello qualitativo, che porta ad una spontaneità non solo istintuale, ma sostanziale.
La spontaneità del gesto strumentale, fisico, che diventa suono individuale e relazione tra individualità sonore personali.
La composizione musicale è qui dunque una drammaturgia di relazioni attraverso i suoni, e le forme del tango e di altri stili musicali sono a loro volta in drammaturgia con l’essenza del tango stesso.
Essere in contatto. Persone che camminano. Insieme. Nel tempo.
Le cinque personalitá degli eccellenti componenti dell’ensemble (piú il sesto, il batterista, meraviglioso, per il n.11, Oximoron) sono messe a fuoco dal compositore-drammaturgo Bosso come occasioni creative per scavare nelle relazioni, quelle rappresentate dai suoni e dai timbri espressi dai loro rispettivi strumenti, di cui ciascuno di loro esprime la soggettività. Si tratta non solo, banalmente, di ottimi musicisti solisti che suonano ottimamente insieme, ma di soggetti che vivono nella loro identità sonora e che su quel piano entrano in relazione tra loro.
Musica da camera tra soggetti-attori (ciascuno dei quali è pertanto persona teatrale) con un drammaturgo, (allo stesso tempo soggetto-attore lui stesso) che pirandellianamente accoglie i suoi Personaggi nel loro bisogno di un Autore per arrivare a dirsi, ad esserci, oltre che ad essere in astratto.
Ciascuno viene posto dal lavoro di composizione nelle condizioni di fare gesti strumentali che non solo diventano suono, ma che sono gesto teatrale in se’. Una drammaturgia che può fare a meno delle parole di un copione perchè lo scavo estetico e psicologico è di forte sensibilità fisica ed esistenziale.
Filosoficamente, se si parla di esistenzialismo, si parla dell’esserci, dell’essere del soggetto non “sub specie aeternitatis”, ma nel qui, nell’adesso, nelle relazioni del momento: in contatto.
Il contatto: il tango.
Ben oltre, dunque, evocazioni di femminilità e mascolinità schematiche e antiche, ben oltre malinconie fumose e sensuali, ben oltre luoghi letterari ridotti ad etichette, ben oltre ogni retorica della nostalgia.
La Buenos Aires di cui ci parla Bosso è una metropoli che non si riconosce in alcuno degli schemi che universalmente le vengono sovrapposti. Il percorso di suggestioni visive proposte nel monologo introduttivo (che io raccomando di guardare però dopo l’opera, come postfazione) è non solo elegante e modernista (non semplicemente “moderno” o “attuale”), ma è esca per entrare in un mondo di visioni in cui i dati reali trovano connessioni inaspettate, punti di vista ellittici in cui il nuovo fuoco geometrico è sempre inatteso.
Come avviene in un lavoro onirico smascherato, nel lavoro analitico, dalle sue difese, e in cui si svelano, infine, con inaspettato nitore, i nuclei delle relazioni importanti del drammaturgo.
Bosso è argentino di Buenos Aires, e vive in Italia da decenni. Non per discutibile congettura, ma per informazione diretta, posso dire che, da artista quale è, indaga, attraverso i suoi preziosi linguaggi, sulla figura che condensa origine, tempo, indirizzo, conflitto, modello, ostacolo, affermazione: il padre.
Tutto si tocca, in questo tango, perchè cosí deve essere, in quanto tango, e persino la figura di riferimento specifica, appunto, nello stile del tango, Astor Piazzolla, è figura del confronto sul piano musicale con il padre.
Padre.
Un uomo maturo che ripensa la figura del padre, attraverso una mostra acustico-visiva di momenti topici di relazioni tra compagni di rappresentazione in scena, dove tutto è molto piú vero che nella banalità del quotidiano. Un musicista maturo colto e con molti Maestri che sa riferirsi al modello stilistico di riferimento, quello di Piazzolla, con l’ossequio e la libertà dell’artista consapevole e capace di vera spontaneità.
E in tutto questo mondo di relazioni, l’inizio è per il solo di violoncello di Jorge Andres Bosso, e la conclusione per il solo di clarinetto di Ivana Zecca.
Nulla da aggiungere.