Enigma per un ritornello di pause

Enigma per un ritornello di pause, di Michela Cervesato

Un racconto lungo-romanzo breve… e già qui siamo in una “terra di mezzo” dove anche formalmente l’evocazione e l’osmosi tra i limiti trovano il loro regno.

Alla sua seconda pubblicazione narrativa, Cervesato ha già una sua connotazione stilistica e tematica personale e molto ben focalizzata: un linguaggio naturale, di una naturalezza frutto di estesa educazione alla lettura dei classici, di curiosità non casuale ma molto specifica e in quanto tale capace di allargarsi a ogni orizzonte, di amore per la terra e la cultura del suo Veneto, di una narrazione del tempo come gioco perenne di sincronie salti sovrapposizioni, di simbolismi non misteriosi ma profondamente connessi al bello sensibile che apre a ciò che si definisce nel silenzio.

In questo lavoro Cervesato occhieggia alla narrativa di genere, al cosiddetto “mistery”, secondo me un po’ (fortunatamente) fallendo, e in questo mi fa pensare ad un altro “fallimento”: quello di Italo Svevo che nel racconto “l’assassinio di via Belpoggio” volle scrivere un giallo, ma le caratteristiche del genere si infransero sul suo sguardo specifico, e scrisse ancora un mirabile, pur un po’ strano, racconto “alla Svevo”.

Quel che Cervesato ha da dire è molto chiaro, e sa dirlo molto bene. Non voglio aggiungere ulteriori indizi, perchè i suoi libri vanno letti gustati scoperti, e non giova esser troppo didascalici.

Immagino un suo terzo romanzo che prenda il toro per le corna, e sviluppi quel che nei primi due è chiaro e ancora tenuto raccolto in due scrigni preziosi: un’architettura ampia da vero romanzone storico, e una narrazione che che si sciolga senza il timore delle pagine che si assommano, immagino cioè che che non ci apra un piccolo scrigno ma un intero gruppo di bauli di un grande viaggio travolto dal tempo.

Immagino un’altra scrittrice? Forse, ma non credo. Cervesato ne ha tutti gli strumenti, e il respiro, e i silenzi.

E la musica? Ah già… la musica qui è talmente “tutto” che ci se ne dimentica, come dell’aria che si respira. Come l’acqua dei rivi della pianura veneta, che spesso non si sa da dove venga, scaturita da risorgive, e percorre irriga ogni zolla ogni riva ogni pietra ogni casa ogni affresco sotto i tanti portici di una terra tanto amata e cosí ben descritta.

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